Trattare l'alitosi – l'arte degli odori in odontoiatria

A Periodontist’s Notebook - Marzo 02, 2020

Penso che tutti noi dentisti l'abbiamo sperimentato almeno una volta nella vita. La nostra risposta a una semplice domanda fatta dalla persona di fronte a te, "Allora, di che cosa ti occupi nella vita?", Innesca una reazione improvvisa - sorriso che scompare in un istante, bocca chiusa, labbra serrate a coprire i denti. Questo comportamento, tuttavia, non deve sorprenderci se pensiamo che la percentuale di persone insoddisfatte dell'aspetto dei loro denti riportato in letteratura è del 53%, e che tra le maggiori cause vi sono il colore e il disallineamento dei denti stessi. Bene, provate ad immaginare adesso la reazione delle persone quando scoprono che l’oggetto del mio lavoro clinico e di ricerca è l'alitosi.


Ad essere del tutto onesti la maggior parte delle volte la reazione che suscito è quella di un volto confuso, motivo per il quale devo prima tradurre la mia risposta in un linguaggio più comprensibile – "Tratto cause ed effetti dell'alito cattivo". Il disagio a cui però assisto a questo punto può raggiungere livelli comici: mani chesi alzano a coprire la bocca, volti che scattano lateralmente per nascondere la bocca dalla vista… Con il tempo ho imparato che esistono delle spiegazioni scientifiche a tutti questi comportamenti.

Noi umani possediamo ciò che viene definito "cervello sociale". Esiste un desiderio innato e fondamentale, un bisogno di appartenenza sociale e di accettazione fra i nostri coetanei, frutto dall'evoluzione. L'alitosi è uno degli elementi che possono ostacolare le relazioni e l'interazione, sia che si tratti di qualcosa di impersonale come parlare con un collega a distanza più o meno ravvicinata che di qualcosa di molto intimo come baciare la persona che si ama. È un fatto risaputo e ampiamente sfruttato come accade ad esempio in ambito commerciale.

Il così detto “appello alla paura” (in inglese: “fear-appeal”) è un metodo psicologico e pubblicitario che consiste nel far leva sulla paura della gente per “vendere” meglio un prodotto. È così che gli storici e gli analisti del marketing di oggi si riferiscono alla campagna di successo di un marchio di collutorio noto in tutto il mondo, iniziata nel 1920. Il loro motto cita semplicemente: "L’alitosi ti rende impopolare". Il resto è storia.

Quando arrivano in studio, la maggior parte dei miei pazienti ha già speso ingenti quantità di denaro in farmacie e negozi online alla ricerca della panacea per questa terribile condizione, ma ahimè, inutilmente.

Un fegato malato può farti avere l'alito cattivo più di quanto immagini

Il sintomo dell’alito cattivo può essere causato da condizioni all’interno della cavità orale tanto quanto da condizioni al di fuori di essa. Il 90% di tutti i casi di alitosi, infatti, ha origine nella cavità orale. Sebbene questo numero implichi che la maggior parte dei casi rientrino nell'ambito dei professionisti dentali, è di fondamentale importanza comprenderne l’eziologia al fine di essere in grado di fare una diagnosi corretta e di conseguenza trattare il paziente in modo efficace ed efficiente.

L'alitosi extraorale, che rappresenta circa il 10% di tutti i casi, può essere causata da malattie e condizioni dell’apparato respiratorio (ad esempio infezioni della regione otorinolaringoiatrica) o del tratto gastrointestinale (ad esempio per via di un’ernia iatale o di un cancro) ma può anche essere trasmessa dal sangue. Può rivelarsi infatti manifestazione di gravi malattie del fegato o dei reni o, come descritto di recente, anche di mutazioni genetiche.

Le molecole dell'alito cattivo

Ciò che il nostro naso riconosce come odore sgradevole è una complessa miscela di diverse sostanze. I composti volatili dello zolfo (VSC) e le molecole prodotte come sottoprodotto del metabolismo dei batteri anaerobici orali sono i principali responsabili di un alito cattivo. Il naso riconosce abbastanza bene l'odore dei tre principali VSC, che si conoscano o meno. Il metilmercaptano è l'odore tipico delle stalle, il solfuro di idrogeno quello di uova marce mentre il dimetil solfuro è il composto dietro il tipico odore dei crauti. Nonostante la maggior parte dei ricercatori che trattano l'alitosi si concentrano sui VSC, è importante tenere a mente che l'odore sgradevole può anche essere causato da composti diversi da quelli dello zolfo. Questi sono infatti la diammina, la putrescina, la cadaverina e lo scatòlo, ovvero le molecole responsabili degli odori della decomposizione, della carne e del pesce marcio, delle feci e dei piedi non lavati (sì, state leggendo bene).

Diagnosi del paziente

Tutti i miei appuntamenti con i pazienti che soffrono di alitosi iniziano con una accurata anamnesi medica, dentale e dell’alitosi. Le informazioni che raccolgo mi aiutano e mi guidano nella diagnosi ancor prima dell’esame clinico. Uno dei fenomeni più interessanti sull'alitosi è che la persona che ne soffre spesso non ne è nemmeno consapevole, indipendentemente dall'intensità del cattivo odore. Inoltre secondo un famoso studio si tratta della maggior parte dei casi. Spesso sono infatti i coniugi o i familiari a consigliare a questi pazienti di andare dal dentista. Esiste una spiegazione fisiologica dietro tutto ciò, chiamata affaticamento o adattamento olfattivo. Quando esposti a un certo composto per un periodo prolungato di tempo, si perde la capacità di distinguere un determinato odore, rendendo alcuni dei pazienti incapaci di percepire la propria alitosi.

Questi momenti di conversazione con il paziente non sono importanti solo per la diagnosi dell’alitosi. Ci permettono di apprendere di più sul loro profilo clinico e personale. In fin dei conti i pazienti non si preoccupano di dare un nome al loro problema, vogliono semplicemente sbarazzarsene. Ho imparato a conoscere gli effetti negativi e prolungati che l'alitosi può avere sul benessere psicologico e sociale delle persone attraverso un mio paziente che, mesi dopo che l'alitosi era scomparsa in seguito al trattamento, continuava a parlarmi di lato durante i suoi richiami. Il suo comportamento era stato così profondamente cambiato dagli anni trascorsi nella vergogna causata dal cattivo odore che era diventato quasi naturale per lui evitare di parlare direttamente alla persona seduta di fronte a lui.

L'esame clinico integra le informazioni raccolte attraverso l'anamnesi e, nel caso dell'alitosi intra-orale, ci permette di individuarne esattamente la causa. Come i numeri ci insegnano, quasi il 50% dei casi di alitosi è causato dal coating della lingua, uno strato di spessore variabile sulla sua superficie composto da batteri, cellule epiteliali desquamate, leucociti provenienti da tasche parodontali e metaboliti del sangue. Molto meno frequentemente è causata da sole malattie parodontali infiammatorie o da una combinazione di coating della lingua e gengivite/parodontite (meno del 20%). Alcuni fattori possono contribuire ulteriormente all'alitosi, come la cattiva igiene orale e gli apparecchi protesici tenuti male, le cavità aperte o ascessi che continuano a drenare.

Il giudice dell’odore

"Ma in realtà non metti il naso dentro una bocca per annusare l’alito, giusto?". È una domanda che molto spesso ricevo quando parlo del mio lavoro quotidiano. Tecnicamente no, ma tenere traccia dell’intensità dell’alitosi è della massima importanza durante e dopo la fase di trattamento. Faccio parte di una “giuria organolettica”, sono cioè un “giudice dell’odore”: un individuo (un naso, se volete) addestrato per eseguire una valutazione organolettica e soggettiva dell'alitosi. Non devo necessariamente infilare il naso nella bocca del paziente, la misurazione viene eseguita facendo trattenere il fiato al paziente per circa un minuto e lasciandolo espirare lentamente a una distanza di 10 cm dal mio naso, il vero “giudice”. L’alitosi viene dunque valutata su una scala da 0 a 5. Capisco che questo genere di misura potrebbe far venire la nausea a molti ma la maggior parte di noi lo quotidianamente e in tutta onestà oramai ci sono abituata. Anche senza essere addestrati a valutare l’alitosi su una scala a 6 punti, ogni giorno mentre si lavora con i propri pazienti si esegue certamente la più semplice delle misurazioni – assenza o presenza di alitosi- e questo è spesso sufficiente per iniziare a pensare al trattamento.

Esistono anche modi più oggettivi per misurarla, ad esempio attraverso l'uso di dispositivi portatili che misurano il livello di VSC nel respiro. Tuttavia questi apparecchi, anche se usati quotidianamente, non sono in grado di percepire la presenza di altre molecole come le diamine, quindi vengono usati solo per misurazioni secondarie.

"Esiste un collutorio che posso usare per sbarazzarmi dell’alitosi?"

Riprendendo quanto scritto più sopra, esiste una spiegazione biologica del perché i prodotti che promettono risultati istantanei non sono altro che mendaci. I batteri anaerobici che producono VSC, infatti, abitano negli angoli e nelle fessure della superficie della lingua e delle tasche parodontali. Inoltre il biofilm che i batteri formano è resistente agli stimoli esterni e pertanto l'uso di diversi prodotti per la cura della bocca, qualunque sia la forma o il sapore, può solo temporaneamente ridurre, o peggio mascherare l'alitosi. Ciò che invece risulta efficace è l'interruzione meccanica del biofilm con successiva riduzione dei batteri che producono VSC attraverso la pulizia della lingua e terapia parodontale causale non chirurgica. Solo in aggiunta al trattamento possono essere usati antisettici come la clorexidina, il cloruro di cetilpiridinio e altre formule contenenti zinco.

In odontoiatria estetica c’è un’inevitabile tendenza a sottolineare quanto la vita di una persona può cambiare ripristinando il suo sorriso. Instagram è pieno di video di persone inizialmente infelici e riluttanti a mostrare i loro denti che noi dentisti trasformiamo in gente sicura di sé, modelli e modelle dalle straordinarie pettinature che sorridono alle telecamere mostrando i loro denti bianco perla. Mi piacerebbe vedere un video, sui social media, di un paziente che condivide un’esperienza altrettanto entusiasmante sul quanto sbarazzarsi dell’alitosi gli abbia cambiato la vita. Temo tuttavia che non accadrà molto presto. L'alitosi è ancora un tabù persino tra noi professionisti del settore dentale, e se anche i miei pazienti evitano di parlare e condividere il loro imbarazzante segreto con il mondo e men che meno davanti a una telecamera, io ho la fortuna di essere testimone ogni giorno della loro felicità e gratitudine per la sicurezza che riacquistano sbarazzandosi dell’alitosi.

È questo che mi spinge a continuare a perseguire il mio obiettivo: cambiare la vita dei miei pazienti un alito cattivo alla volta


Analisi del caso:

Treating Halitosis

Treating Halitosis

Una paziente di 50 anni, venuta lamentando sanguinamento durante lo spazzolamento, alitosi e una mobilità superiori. Le è stata diagnosticata una parodontite generalizzata, stadio III, grado C, con un’alitosi classificata di grado 3 sulla scala 0-5 di Rosenberg ("odore moderato”). Ha subito una terapia parodontale non chirurgica ed è stata istruita riguardo alla pulizia della lingua. Dopo la rivalutazione, PPD (profondità di sondaggio delle tasche parodontali) e BOP (sanguinamento al sondaggio) sono notevolmente ridotti mentre il cattivo odore risulta completamente assente.


Letteratura e letture suggerite:

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