PERIO FOR THOUGHT
Filippo Graziani
Febbraio 20, 2020
di Filippo Graziani

La definizione di dente “hopeless” è in qualche modo sfuggente ed eterea. In effetti, lungo i due decenni della mia carriera (sì, ero un bambino prodigio) la definizione è stata messa in discussione numerose volte. Tradizionalmente, si intende “hopeless” un dente che è così  compromesso da una patologia al punto da essere considerato non più utile o addirittura dannoso. Ad esempio: una frattura verticale è spesso una chiara indicazione per l'estrazione.

In parodontologia, un riassorbimento osseo verticale grave, la presenza di tasche parodontali profonde associate a difetti intraossei, forcazioni di III grado specialmente nella mascella , lesioni endo-perio, coinvolgimento dell'apice radicolare e mobilità di III grado con perdita di attacco sono stati spesso considerati come fattori decisivi  per la prognosi degli elementi dentari.

Capire se un dente deve essere estratto è un fattore decisivo per formulare un piano di trattamento adeguato. Ciò non influisce solo sul destino di quel particolare elemento, ma influisce anche su quelli adiacenti. Uno dei punti che aveva attirato, nell'età d'oro degli anni '70 -'90, un interesse significativo da parte della comunità di ricerca era in effetti il ​​destino dei denti contigui. Ciò è ancora più complicato, in quanto le prove erano lungi dall'essere conclusive e i dati contrastanti al punto che l’evidenza scientifica  non ha consentito risultati generalizzabili.

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